I Longobardi a Bergamo

altomedioevo,precomunaleDopo la caduta dell’Impero romano l’evento più significativo per la città fu l’invasione da parte dei Longobardi. Non si trattava solo di una conquista militare ma di una vera e propria migrazione di massa, che nel 568 d.C. aveva portato in Italia, ma in particolare in Lombardia, migliaia di persone, uomini, donne e bambini stanziatisi poi stabilmente nei nostri territori.
Nel corso del tempo aveva avuto luogo una forma di integrazione con la popolazione locale, anzi una profonda compenetrazione. La lingua, elemento essenziale dell’identità di un popolo, accolse allora vocaboli e forme longobarde. Nei secoli si formò un’unica popolazione.
Probabilmente, come dice il Belotti, le classi meno abbienti conservarono maggiormente la coscienza delle proprie origini locali e dell’antico municipio romano, l’impronta longobarda segnò più a lungo i ceti alti. Le grandi famiglie bergamasche di epoca comunale furono così, in gran parte, discendenti degli Arimanni,la classe sociale più elevata del popolo longobardo. La professione di legge longobarda rimase per molto tempo accanto a quella romana e parzialmente la sostituì. Continua a leggere

Guelfi e Ghibellini a Bergamo

stemma suardi.JPGAnche Bergamo, come tutti i Comuni dell’Italia centro settentrionale, fu sconvolta a partire dal XII secolo da sanguinose lotte intestine. Durante il conflitto tra Papato e Impero, protrattosi per più di un secolo, si erano formate e stabilizzate in ogni città due “partes”, fazioni contrapposte di aristocratici tese ad orientare l’azione politica del Comune a favore dell’uno o dell’altro dei due contendenti.
Guelfi erano coloro che appoggiavano il Papa, Ghibellini coloro che si dimostravano favorevoli all’Imperatore. Alle motivazioni originarie si erano poi sovrapposti infiniti altri fattori di carattere economico, politico, spesso parentale in un intreccio di accordi e di rancori che portavano ad un tasso elevatissimo di conflittualità.   Continua a leggere

Bergamo scomparsa: le vicinie vanno alla guerra

santeless.jpgLa città di Bergamo, come gli altri comuni dell’epoca, non disponeva di un esercito stabile, ma chiamava i cittadini a prestare servizio in caso di necessità. La vicinia aveva il dovere di provvedere al reclutamento militare formando le liste degli uomini abili all’esercizio delle armi, acquistando e mantenendo sempre in buon ordine l’equipaggiamento necessario alla guerra.Le milizie risultavano quindi ripartite in compagnie di vicinato, ciascuna con il proprio gonfalone, prezioso emblema di identificazione. Bianco e rosso quello della vicinia di San Pancrazio. Quando nel 1290 nella guerra contro Brescia durante la battaglia di Mura esso fu smarrito, i vicini perlustrarono invano disperatamente il corso dell’Olio per ritrovarlo. In un momento immediatamente successivo gli “Acta” riportano le spese per il confezionamento del nuovo vessillo.
L’addestramento e il combattimento favorivano un forte sentimento di solidarietà. L’esito di una battaglia poteva allora condizionare le sorti della città intera. La distruzione di Milano e di Crema, l’assedio durissimo di Brescia erano di ammonimento. Soprattutto nel primo periodo comunale la consapevolezza di appartenere ad una comunità, viciniale o cittadina, aveva una forte connotazione militare.

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Bergamo scomparsa: le Torri

bergamo-scomparsa,torri,case-torri,angelini,Per ritrovare l’aspetto delle numerose torri cittadine segnalate nella pianta ricostruttiva di Sandro Angelini, possiamo solo far riferimento agli edifici ancora esistenti, anche se modificati nel corso del tempo. Oltre alla già esaminata torre di Adalberto, rimasta, riteniamo, pressoché intatta, la torre di Gombito che emerge con il suo nitido profilo all’incrocio principale della città, là dove si incontravano il cardo e il decumano romani.
Costruita all’inizio del XIII secolo, la sua compatta muratura in arenaria grigia originariamente si apriva solo negli stretti tagli verticali delle feritoie e nelle monofore verso la sommità. L’unico accesso, ora murato sul lato est, era a otto metri dal suolo. Attraverso di esso comunicava con la casa adiacente, con la quale formava un complesso unitario.
Le modifiche avvennero nel XVI secolo con l’inserimento di una bottega a piano terra e la conseguente apertura di un ingresso e di una finestra. La casa adiacente era già stata completamente ricostruita con un voltone archiacuto. Verso la via Mario Lupo restano trecce di mensoloni in pietra nera sporgenti a circa sei metri dal suolo che rivelano la successiva presenza di un porticato e forse di un’altra bottega.  Continua a leggere

Forte San Marco e Fortino San Domenico

forte-san-marco.bergamo-scomparsaLa parte delle mura cinquecentesche tra porta Sant’Alessandro e porta San Lorenzo costituisce quello che viene detto “Forte di San Marco” ed è sicuramente frutto di lavori grandiosi particolarmente attenti a contenere un eventuale assalto dalla parte del colle di San Vigilio.
Il profilo schematico che presentiamo mostra come la porzione che guarda verso il colle si configuri come la più tormentata della cerchia, quasi del tutto priva delle cortine, che altrove dividono un baluardo dall’altro. Tre baluardi – San Gottardo, San Vigilio e Pallavicino – sono posti in immediata successione. La soluzione risolveva il duplice problema dell’adattamento alla conformazione orografica e della necessità di difesa da ipotetici tiri provenienti dalla “cappella”.
La struttura muraria appare possente ed omogenea lungo il fianco del baluardo San Gottardo, più minuta ma sempre ben solida lungo il tracciato della funicolare.
Interessante lungo il baluardo San Vigilio una torretta di guardia, l’unica garitta ancora esistente delle trentadueche un tempo si alternavano ad intervalli regolari lungo tutto il percorso delle mura.
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Il colle di San Vigilio

san-vigilio,Fin dalle epoche più remote, la cinta fortificata cittadina escluse il colle di San Vigilio. Includerlo avrebbe comportato la costruzione di una cerchia amplissima ragionevolmente irrealizzabile. La parte delle mura ad esso sottostante, nella zona che è sede attuale del Seminario, per ragioni di carattere orografico risultava particolarmente vulnerabile. Aprirvi una breccia era più facile che altrove. Il colle aveva quindi assoluta rilevanza come postazione di avvistamento data la sua altitudine (m.495) e l’ampiezza della visuale, ma anche importanza strategica, perché la sua conquista apriva al nemico l’accesso alla città. Documentata attraverso questa via, come abbiamo già visto, la distruzione di Bergamo nel IX secolo.
La fortificazione dovette essere oggetto di cure particolarmente vigili fin dall’età precedente all’occupazione romana. In età altomedioevale fu nota con il nome di “castellum”, ma anche con quello di “capella” data la presenza di una chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena. Successivamente questo secondo termine prevalse nella documentazione e l’edificio divenne elemento iconografico dominante nella rappresentazione della città. Chiaramente visibile nel disegno già citato e conservato presso la Biblioteca di Mantova. Continua a leggere

Bergamo scomparsa: le Mura medioevali

ang salmeggia 1.jpgLe strutture difensive di Bergamo hanno avuto nel corso dei secoli vicende complesse. Riteniamo quindi opportuno, prima di accingerci a un esame dettagliato, prendere in considerazione il contesto d’insieme evidenziando le epoche delle singole costruzioni.
A Bergamo possiamo considerare quattro cerchia di mura: la prima è una cinta romana che comprendeva solo Città Alta e che non sarà oggetto della nostra trattazione. La seconda è una cinta medioevale costruita in parte sul perimetro della precedente e quindi anch’essa comprensiva della sola Città Alta.
La terza è la cinta delle “Muraine”, documentate dallo studioso Gianmario Petrò già nel 1350, in epoca viscontea. Comprendeva quasi tutta la parte bassa della città.
La quarta è la cinta cinquecentesca delle Mura venete ancora esistenti, la cui costruzione fu iniziata nel 1561 e del tutto conclusa solo all’inizio del secolo successivo. Comprende solo Città Alta.  angelini -mappa.jpgLa situazione complessiva è evidente nella pianta delle cinte murate redatta da Luigi Angelini. Per maggiore chiarezza abbiamo sottolineato in giallo le mura medioevali, in rosso le Muraine, in blu i bastioni della cinta veneta cinquecentesca.
Le Mura (e lo skyline – n.d.r.) furono elemento caratterizzante della raffigurazione della città in molte opere dei pittori del tempo. Giovan Paolo Cavagna, nel 1607, raffigurò la nuova cerchia bastionata da poco ultimata. Enea Salmeggia, in pieno Seicento, nostalgicamente rievocava la città ancora priva della fortificazione, praticamente indifesa dalle mura medioevali in rovina.    Continua a leggere