Le bandiere della nostra storia

29 maggio: ‘Festa regionale lombarda’ in ricorrenza della battaglia di Legnano del 29 maggio 1176, nella quale la Lega Lombarda sconfisse l’esercito del Sacro Romano Impero”….
A distanza di 30 anni dalla prima pubblicazione l’associazione Gilberto Oneto persegue l’ambizioso progetto di ristampare “Bandiere di libertà” in una versione riveduta e significativamente ampliata da Roberto Stefanazzi.
300 pagine di analisi e approfondimento sui simboli e le bandiere delle nostre terre corredate da una corposa documentazione iconografia.
La stampa di questo ponderoso volume, che dovrebbe essere il primo di una trilogia dedicata al tema, è prevista in un numero limitatissimo di copie già prenotate per cui, chi fosse interessato è opportuno che prenoti al più presto la propria scrivendo un e.mail ai curatori: – info@associazionegilbertooneto.org

BERGAMO e il suo territorio

Sappiamo che il territorio bergamasco venne analizzato e suddiviso dai Romani con la prima centuriazione dell’89 a.c. quando gli abitanti, sicuramente in prevalenza Galli Cenomani, ricevettero dall’Imperatore Pompeo Strabone i diritti italici.
Da allora il numero degli abitanti cominciò a crescere (lentamente a causa di invasioni, guerre e carestie) ma dove vi erano solo grandi distese e boschi cominciarono a sorgere villaggi e borghi.
Facendo un salto di ben 1300 anni, si può trovare una particolare situazione del territorio che risulta suddiviso semplicemente in “Facte” che prendono il nome delle porte da cui si dipartono le vie dalla città di Bergamo. Siamo nel 1331: si è conclusa da poco l’esperienza comunale ed è ancora in corso quella delle Signorie, è passata da poco una prima ondata di pestilenza (1315) e da poco è venuto a Bergamo Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, nel tentativo di porre fine alle sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini. Sono i tempi di Dante e Petrarca e, a Bergamo, di Alberico da Rosciate, il giurista che parteciperà alla stesura del primo Statuto della città.
Nei successivi due secoli la realtà evolve molto più rapidamente e tra il ‘300 e il ‘500 i villaggi divengono borghi e cittadine. L’espansione prende il volo anche grazie alla “pax veneziana” (per oltre tre secoli Bergamo non sarà toccata da guerre) e grazie all’amministrazione veneziana stupendamente relazionata nel 1596 dal suo Capitano Giovanni Da Lezze, possiamo disporre di una situazione del territorio che non si discosta molto dall’attuale. Il Capitano Da Lezze fu un benemerito di Bergamo, e si può ben affermare che mentre molti rettori veneti furono senza ragione ricordati con lapidi e statue, per lui fu giustamente eretta in Piazza Nuova una colonna, purtroppo distrutta nel tempo.(BB 4-178). Infatti, tra tutte le relazioni dei vari rettori quella del capitano Da Lezze merita particolare menzione, perché si può ben dire che sia il primo documento statistico della provincia di Bergamo, veramente completo. Questa relazione, che porta la data 21 ottobre 1596 (era da appena otto anni terminata la costruzione delle Mura ma erano in corso i perfezionamenti), descrive la città, ne indica le parti, gli edifici, le istituzioni, quindi descrive il territorio nelle sue varie circoscrizioni, e per ciascuna dì esse i vicariati e le rispettive comunità, coi confini, le contrade, il regime amministrativo, i privilegi, gli estimi, le chiese, i monasteri, le istituzioni di beneficenza, i prodotti e tutte le singolari particolarità di ognuna.(BB 4-195).
Ma chi era questo particolare Capitano della Serenissima?
Giovanni Da Lezze, Conte di Croce (Venezia, 15 aprile 1554 – Venezia, 12 settembre 1625), era di nobile famiglia, era un militare ma fu anche un ottimo politico. Già nel 1570, durante la guerra di Cipro fra Venezia e i Turchi del sultano Selim II, il Da Lezze fu nominato (poco più che sedicenne) Provveditore di Dalmazia e Albania e a Zara combatté valorosamente.
Molto più tardi (17 aprile 1595), fu inviato come Capitano al confine veneziano di Bergamo, dove rimase fino al 13 ottobre 1596, e, alla fine del suo mandato, compose per il Senato di Venezia quella particolareggiata descrizione di Bergamo e del suo territorio destinata a passare alla Storia della città.
Dal 1608 al 1610 fu il Capitano di Brescia e anche per essa redasse il Catastico Bresciano, una altrettanto dettagliata relazione che tracciava un quadro perfettamente esauriente dell’economia bresciana.
Si ritirò poi a Venezia nel suo palazzo situato presso la Scuola Grande delle Misericordie per la costruzione della quale, come scrisse nel testamento, spese 34.000 ducati e venne insignito del grado di Provveditore Generale della Serenissima.

Da non dimenticare che resta ancora scaricabile da questo stesso sito, un estratto delle prime pagine, quelle riguardanti la conformazione delle Mura, della Rocca e della Cappella, cliccando su questo link: “Giovanni da Lezze“.

Ritratto delle più nobili e famose città d’Italia

…e tra queste poteva mancare Bergamo?!? A trovare tra loro il giusto posto ci pensò, già nel 1575…
Francesco Tatti detto Sansovino (Roma, 1521 – Venezia, 1586) letterato e imprenditore librario.
Nato a Roma, primogenito del grande architetto Jacopo Tatti detto Sansovino, fu battezzato nella chiesa di S. Eustachio e suo padrino fu Giovanni Maria Del Monte, poi divenuto papa Giulio III. Ancora bambino seguì il padre, che si rifugiò dapprima a Firenze e poi a Venezia, mentre Roma veniva saccheggiata dai Lanzichenecchi (1527). Ricevette una classica istruzione aristocratica di stampo umanistico con insegnanti di grammatica e retorica e seguendo le lezioni del grecista Antonio Francini collaboratore editoriale e curatore di testi greci e latini.
Per volontà del padre studiò legge prima a Padova (dove però seguì anche le lezioni di Lazzaro Bonamico, noto classicista commentatore di Cicerone, Tito Livio, ecc). L’adesione agli Infiammati nel 1540 segnò profondamente la sua formazione intellettuale e professionale per le idee innovative che si sviluppavano in quel consesso, in particolare riguardo all’uso del volgare per promuovere una divulgazione del sapere che fosse anche fondamento di una nuova etica. Si spostò poi all’Università di Bologna e nel 1542 si affiliò anche dell’Accademia Fiorentina ampliando la rete di conoscenze fiorentine e toscane. Nel 1550 andò Roma, facendo parte della corte del suo padrino eletto al soglio pontificio come Giulio III, ma ben presto rientrò a Venezia dove si sposò e si stabilì lasciando definitivamente l’avvocatura per dedicarsi alle lettere; aderì all’Accademia Veneziana o della Fama e condusse una vita ritirata e tranquilla da autore poligrafo, prestando dapprima la sua opera alle famose tipografie veneziane. Nel 1560 Sansovino iniziò la sua attività di stampatore ed editore.
La produzione di Sansovino è molto vasta, sia per temi trattati come stampatore sia per numero di opere firmate. La banca dati Edit16, conta 213 titoli riferiti a suo nome e sono state registrate ben 97 opere, fra edite e inedite, scritte in un trentennio nelle vesti di autore, traduttore e compilatore. Gli argomenti sono i più disparati: dalla storia alla medicina (L’edificio del corpo humano -1550), dalle tecniche amorose all’agricoltura, dalla grammatica alla politica al diritto e all’attualità (da ricordare è in tal senso il suo contributo alla fiorente letteratura turchesca, soprattutto tra i primi anni Sessanta e la battaglia di Lepanto del 1571). Continua a leggere

I “grandi” della Storia… e Bergamo.

Dalle reminescenze scolastiche ripeschiamo la figura di un grande uomo, uno scrittore, poeta, filosofo e filologo: Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) che è considerato il precursore dell’Umanesimo e uno dei fondamenti della Letteratura Italiana.
Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della Patria come Mater e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l’agostinismo in contrapposizione alla scolastica e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli “studia humanitatis” in senso antropocentrico, Petrarca spese l’intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica attraverso l’imitazione dei classici, offrendo un’immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi.
Petrarca fu un intellettuale “maestro“, bisognoso di fornire modelli e comunicare valori che, poi, furono fatti propri e compiutamente sviluppati nell’Umanesimo e nel Rinascimento.
La sua opera più celebre è senz’altro il Canzoniere: opera in volgare contenente 366 liriche per la maggior parte dedicate a Laura. Il titolo originale dell’opera è in latino: Rerum Vulgarium Fragmenta, ossia “frammenti di cose volgari” ma, con questa espressione, il Petrarca vuole sottolineare il fatto di aver scelto di scrivere in volgare.
E fin qui, con l’aiuto di Wikipedia, tutto bene… ma se volessimo sapere per esempio se Petrarca ebbe mai a che fare con la Bergamo di allora, quella dei Visconti, dove si lavorava per completare la Cittadella e il Castello di S.Vigilio ma anche quella del Convento di S.Agostino, allora già importante centro religioso e culturale? Ebbene sì… anche Petrarca passò da Bergamo; fu, come si dice, solo una simpatica “scappata” della quale parlò però in sua sua epistola ad un amico milanese; ma, nonostante la sua propensione per il volgare, le lettere le scriveva in latino e allora per facilitarne la lettura (benché sia certo che tutti noi si mastichi perfettamente l’idioma dei nostri antichi!) la riportiamo con tanto di traduzione. (pigiando sull’immagine si potrà scaricare l’intera epistola)Petrarca - epistola1

Personaggi storici bergamaschi : Mosè Del Brolo

mosè-brolo,liber-pergaminusMosè Del Brolo visse nella parte iniziale del Basso Medioevo (Bergamo 1080 ca – Ravenna 1157 ca) ai tempi delle crociate e del Barbarossa; egli fu Arcivescovo ma anche poeta, grammatico e traduttore. Citato per la prima volta da Pinamonte da Brembate nel 1230, è stato per molto tempo al centro di numerose dispute volte ad identificarne la collocazione temporale. Nel basso medioevo e nei secoli successivi era infatti ipotesi comune collocarlo tra il VI ed il VII secolo, facendolo appartenere alla famiglia Mozzi (come affermato dal Pellegrino) o, secondo l’ipotesi del Lupi, alla famiglia Albani. A tal riguardo, Padre Donato Calvi sosteneva che questi fosse segretario dell’imperatore bizantino Giustiniano, il quale gli commissionò una descrizione di Bergamo, la sua città.  L’infondatezza di tutte queste teorie fu evidenziata, all’inizio del XVIII secolo, da Ludovico Antonio Muratori che nella sua opera Rerum Novarum Scriptores indicò Mosè Del Brolo vissuto tra l’XI ed il XII secolo, evidenziando il fatto che lo scrittore bergamasco faceva riferimento al Vescovo di Bergamo Ambrogio, vissuto anch’egli nel XII secolo. Tuttavia la tesi del Muratori fu a lungo contrastata da Guerrini e Ferdinando Caccia, per essere poi accettata e considerata universalmente a partire dal XIX secolo. Nato a Bergamo dalla famiglia Del Brolo, fu avviato agli studi religiosi giungendo fino all’ordinazione. Continua a leggere

Una pagina particolarmente interessante

lombardia bergamoQuesto l’indice di questa interessante pagina della Regione Lombardia su di un periodo storico decisivo per la nostra città:
– Bergamo dai Visconti a Venezia
– Le giurisdizioni bergamasche in epoca veneta
– Autonomia delle valli bergamasche
– Autogoverno delle valli bergamasche
– Il territorio di Bergamo
– Governo del territorio di Bergamo
– Il “piano” di Bergamo
– Organizzazione territoriale del “piano” di Bergamo
– Governo delle comunità del “piano”
– La politica veneziana verso il territorio bergamasco
– La politica veneziana verso il patrimonio ecclesiastico

Personaggi storici bergamaschi: Andrea da Bergamo

andrea da Bergamo - libro 2Andrea da Bergamo è vissuto nella nostra città nella seconda metà del IX° sec. e, alla sua memoria, saggi amministratori di Bergamo hanno, tanto tempo fa, intitolato una via. Benché non si sappia molto della sua vita e della sua attività tranne che fu “presbyter” del clero maggiore, il suo nome è legato all’opera con cui, dopo l’877, riprese e continuò fino ai suoi tempi l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Scrisse una cronaca degli avvenimenti occorsi in Italia dall’anno 568, quando Alboino prese Pavia, fino alla morte dell’imperatore Lodovico II, figlio primogenito di Lotario I e di Ermengarda, avvenuta nell’874 presso Brescia. Il Muratori ne raccolse il testo nelle sue “Antiquitates”; infatti, mentre fino alla caduta del regno longobardo la sua cronaca si avvale di Paolo Diacono, nel narrare i fatti successivi essa indugia sul coinvolgimento di Bergamo nelle dispute per l’Impero. Nella sua Cronaca, Andrea da Bergamo, definì i Longobardi come “gente malvagia”, quantunque lo stesso riconosca che pure tra loro – stirpe valorosa – non mancavano re di grandi qualità come, ad esempio, Liutprando, “multe sapientiae, clemens, pudicus, orator, pervigil, elemosinis largus”. La cronaca di Andrea, anche se di brevi dimensioni, abbraccia un po’ tutta la storia di questo popolo, proveniente dal sud della Scandinavia e stabilitosi poi nella Germania settentrionale, nonché alcune vicende degli ultimi Franchi fino esequie dell’imperatore Ludovico II. Quando questi morì a Ghedi, il vescovo di Brescia lo seppellì nella chiesa di Santa Maria ma Ansperto, arcivescovo metropolita, accompagnato dai vescovi Garibaldo di Bergamo e Benedetto di Cremona con imponente seguito del loro clero, si recò a Brescia a reclamarne la salma. Andrea ci riporta il viaggio del convoglio funebre fino a Milano informando di aver egli stesso contribuito a sostenere il cataletto dall’Oglio all’Adda. Continua a leggere

Un antico progetto delle Mura di Bergamo

Questa antica mappa, conservata nell’Archivio di Stato di Torino, è certamente uno dei tanti progetti che vennero studiati mentre erano già in corso i lavori di costruzione delle mura veneziane e, essendone sconosciuta la data di realizzazione, si suppone che risalga agli anni 1568-1570.
1566-8 pianta progetto - Mura - AS Torino bL’opera conclusa risultò differente ma in questa piantina risulta particolarmente chiara l’idea di costruzione che si andava delineando sulla sezione di nord-est della cinta murata: sfruttare le prominenze del colle per posizionare i “baluardi” e collegarli con delle “cortine“. In effetti la “tenaglia” di Sant’Agostino“, una volta terminata fu collegata al Baluardo della Fara (ultimo ad essere costruito), tramite la “cortina della Fara“; quest’ultima, destinata a tagliare di netto il profondo vallone di S.Agostino (o della Fara – generando nel lato interno il cosiddetto “foppone“). Oltre ai costi e alla difficoltà di costruzione, questa costituì il punto più fragile dell’impianto e, per l’instabilità del terreno, fu più volte soggetta a cedimenti e crolli che coinvolsero il fianco del Baluardo del Pallone.  Più semplice risultò la costruzione della successiva “cortina di S.Lorenzo” destinata a scavalcare la parte terminale della “valletta degli Avogadri“, antichi proprietari del maniero costruito sulla punta del piccolo promontorio che la divide dalla Valle Verde. Quest’ultima infine fu tagliata quasi a metà dalla “cortina di porta S.Lorenzo“, generando, nella sua parte alta il vallone sotto Colle Aperto.
particolare mappa 1590 particolare mappa 1816
Da notare, in altre antiche mappe, che la strada risalente la Valverde proseguiva diritta oltre Porta S.Lorenzo congiungendola con Porta S.Alessandro e la base militare del Forte S.Marco; la strada era battuta, oltre che dai soldati addetti alla difesa della porta, dagli abitanti della Val Tezze per giungere in città, essendo presumibilmente la via costeggiante le Mura “zona militare” come tutta la cinta e quindi riservata alle milizie. 

Opportuno rinfrescare le nostre Memorie

Appaiono di tanto in tanto sui giornali degli opportuni articoli che ripercorrono la Storia del nostro più grande monumento, talvolta contenenti delle imprecisioni quando non errori veri e propri. Perché allora, stante la particolarità del momento vissuto dalle Mura, non pensare a una ristampa di quel volume, ormai introvabile, che resta l’opera “principe” dell’argomento?
170712 - mura che sciagura -corsera 02 -Le Mura di Bergamo
Da non dimenticare che resta ancora scaricabile da questo stesso sito, l’altro importantissimo riferimento storico che è il Giovanni da Lezze“.

gli “Amici” segnalano

Un ciclo di visite guidate in Città Alta alla riscoperta della nostra Storia divisa per periodi, e un libro imperdibile per imparare a “vedere” sui muri della città e a riconoscere le tracce lasciate dai nostri antenati alla nostra memoria. Interessantissimi e “unici” i riferimenti alle schede del “vecchio Inventario dei Beni Culturali di Bergamo” ormai quasi caduto nel dimenticatoio nonostante le sollecitazioni di cittadini e della nostra Associazione, ben più ampio e completo (ben 3125 voci) del nuovo Inventario dei beni culturali, ambientali e archeologici (287 voci).

BergamoRinascimentale20170513 libro Bg scolpita