Ma quante generazioni hanno abitato la nostra terra… la nostra amata collina? “..Alcune tombe di epoca longobarda, una lapide, due cisterne romane e i resti di costruzioni risalenti ai primissimi secoli dopo Cristo” negli scavi di via Porta Dipinta davanti al bellissimo Palazzo Moroni, non a caso inserito anch’esso nell’elenco del Patrimonio Unesco se pur col nome di “Opere di Difesa veneziane…”..
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Un sito seriale Unesco (ma senza Bergamo)
Bergamo non è l’unica città italiana facente parte di un sito seriale riconosciuto di valore mondiale dall’Unesco.
Purtroppo i Longobardi, che qui governarono per 200 anni, non sembrano aver lasciato segni materiali sufficienti a classificarla tra le città in cui quel popolo visse e prosperò.
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il territorio bergamasco subì le incursioni di varie popolazioni barbare ma quella dei Longobardi fu una vera e propria invasione poiché non si trattò solo di una conquista militare ma di una migrazione di massa, iniziata nel 568 d.C. con la penetrazione nel Friuli, che portò in Italia, migliaia di uomini, donne e bambini di varie etnie che si stanziarono stabilmente in gran parte d’Italia.
Nel corso del tempo ebbe luogo una profonda compenetrazione con le popolazioni locali, che portò anche a modifiche della lingua, l’identità di un popolo, che assorbì vocaboli e forme longobarde, e dei costumi fino a divenire, nei due secoli di dominazione, un’unica popolazione.
Certamente i ceti alti e le grandi famiglie bergamasche della successiva epoca comunale furono in gran parte discendenti degli arimanni, la classe sociale più elevata del popolo longobardo, mentre soprattutto nelle classi meno abbienti rimase la discendenza delle più lontane origini locali e del più recente municipio romano. Le leggi longobarde si sommarono per molto tempo a quelle romane e solo parzialmente le sostituirono; anche la religione (in origine i Longobardi professavano l’arianesimo, confessione cristiana ma ritenuta eretica dal Papato) contribuì all’integrazione dopo la conversione della maggior parte dei Longobardi al cattolicesimo.
I simboli rappresentativi del potere Longobardo nella penisola italiana sono:
Iscrizione alla Lista Patrimonio Mondiale Unesco:
Parigi, 19-29 giugno 2011 riconoscimento de I Longobardi in Italia – I Centri del Potere.
Ma, come per il nostro sito è stata esclusa Venezia, pure per questo sito fu polemica perchè “Ticinum” – oggi Pavia -, che fu la capitale della ” Langobardia Maior” e Modoetia – oggi Monza -, con la sua “Corona Ferrea” non furono ritenute all’altezza di mostrare significative tracce di quell’importate periodo storico.
a Bergamo comandano i Longobardi
Un territorio stremato dalle invasioni seguite da massacri e distruzioni: i Visigoti di Alarico (402), gli Unni (tartari, mongoli) di Attila (450), i Vandali e Alani di Genserico (457), “liberato” dal generale Ricimero, console romano di base a Mediolanum, che scaccia gli Alani (470) ma subito occupato da Odoacre, re degli Eruli (474) e poi dagli Ostrogoti di Teodorico (490) fino alle devastazioni dei Borgognoni guidati da Gundobado (520) e poi ancora occupato dall’esercito bizantino di Belisario (538) e dopo la vittoria di Narsete su Totila, dai greci del duca Ottone (552). Quando arrivano i Longobardi (genti germaniche affini agli Svevi e ai Borgognoni) di re Alboino nel 569, preceduti da una nomea di violenza feroce, conquistano e saccheggiano una città praticamente già quasi distrutta e spopolata; i nobili (bizantini) e i benestanti si sono rifugiati sull’Isola Comacina e altri si sono dispersi nelle vallate. Mentre il grosso prosegue verso il Sud, al gruppo di famiglie, tra le quali molte di nobili, che resta a Bergomum non rimane che ricostruire “integrandosi” con i locali; la governano per 200 anni ma non saranno tutti anni di pace per via delle numerose faide e lotte di potere interne.
Vallari, primo duca di Bergamo, estende il territorio fino quasi a Cremona, mentre il nuovo re, Autari, assume il nome di Flavio a testimonianza di una volontà di proseguire sulle orme della tradizione romana e con il successore, Agilulfo, la maggior parte si converte al cattolicesimo. Paolo Diacono, nobile longobardo, scrive quindi in latino la sua “Historia Langobardorum” descrivendo la vita del popolo e le relazioni con i Franchi, i Bizantini ed il Papato. Ma proprio sotto Agilulfo, che nel frattempo ha esteso il dominio su quasi tutta l’Italia, ricominciano i problemi per la nostra città; infatti Gandolfo è solo il primo dei duchi di Bergamo che, entrati in conflitto col proprio re, ne attira le ire, con assedi ed esecuzioni, sulle nostre rinnovate fortificazioni. Nel 773 però, queste ultime, difese dall’ultimo duca longobardo Lupo, oppongono inutilmente resistenza all’assedio dell’esercito franco di Carlo che, invocato più volte dal Papato, che rivendica la “donazione di Costantino“, scende in Italia e, sconfiggendo l’ultimo re, Desiderio, pone fine al “Regnum Italicum” longobardo.
Ma anche a Bergamo resteranno però ampie tracce del loro passaggio nei nomi, nei cognomi, in Curtis Regia, Curtis Morgola, Curtis Lemine, ecc. ecc.
Personaggi storici bergamaschi: Andrea da Bergamo

Incontri con l’autore
I Longobardi a Bergamo

Nel corso del tempo aveva avuto luogo una forma di integrazione con la popolazione locale, anzi una profonda compenetrazione. La lingua, elemento essenziale dell’identità di un popolo, accolse allora vocaboli e forme longobarde. Nei secoli si formò un’unica popolazione.
Probabilmente, come dice il Belotti, le classi meno abbienti conservarono maggiormente la coscienza delle proprie origini locali e dell’antico municipio romano, l’impronta longobarda segnò più a lungo i ceti alti. Le grandi famiglie bergamasche di epoca comunale furono così, in gran parte, discendenti degli Arimanni,la classe sociale più elevata del popolo longobardo. La professione di legge longobarda rimase per molto tempo accanto a quella romana e parzialmente la sostituì. Continua a leggere
Bergamo 568 – 1098

Ma a seguito della crisi del regno, sopravvenuta dopo la morte di Ludovico II° nell’875 e causata dalle continue lotte dei diversi «re nazionali» per il predominio in Italia, si assiste anche a Bergamo da una parte alla lenta perdita del potere dei conti e dei loro funzionari a favore del vescovo, divenuto ormai il vero signore della civitas, e dall’altra al conseguente svilupparsi di un «particolarismo politico» che cresce nel vuoto lasciato dal potere centrale. Si diffonde così un sistema non più fondato sull’esercizio di una pubblica funzione, ma su diritti personali che i singoli hanno in quanto inquadrati in un sistema di rapporti feudali.
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