Bergamo scomparsa: le vicinie vanno alla guerra

santeless.jpgLa città di Bergamo, come gli altri comuni dell’epoca, non disponeva di un esercito stabile, ma chiamava i cittadini a prestare servizio in caso di necessità. La vicinia aveva il dovere di provvedere al reclutamento militare formando le liste degli uomini abili all’esercizio delle armi, acquistando e mantenendo sempre in buon ordine l’equipaggiamento necessario alla guerra.Le milizie risultavano quindi ripartite in compagnie di vicinato, ciascuna con il proprio gonfalone, prezioso emblema di identificazione. Bianco e rosso quello della vicinia di San Pancrazio. Quando nel 1290 nella guerra contro Brescia durante la battaglia di Mura esso fu smarrito, i vicini perlustrarono invano disperatamente il corso dell’Olio per ritrovarlo. In un momento immediatamente successivo gli “Acta” riportano le spese per il confezionamento del nuovo vessillo.
L’addestramento e il combattimento favorivano un forte sentimento di solidarietà. L’esito di una battaglia poteva allora condizionare le sorti della città intera. La distruzione di Milano e di Crema, l’assedio durissimo di Brescia erano di ammonimento. Soprattutto nel primo periodo comunale la consapevolezza di appartenere ad una comunità, viciniale o cittadina, aveva una forte connotazione militare.

Su base viciniale il Comune assegnava anche cavalli da guerra e “ronzini”, ripartiva il numero dei balestrieri e degli arcieri. Se in un primo tempo i nobili costituirono il nucleo della cavalleria, come era stato per la vecchia nobiltà feudale, successivamente “l’assignatio equorum” fu imposta in proporzione alla capacità economica. I ricchi “milites” andavano in guerra a cavallo, i meno abbienti “pedites” combattevano a piedi. I due termini non rimasero solo ad indicare una ripartizione militare, ma anche una distinzione sociale. Gli uomini del contado erano in genere destinati ad attività ausiliarie.
L’onere del mantenimento di un cavallo da guerra poteva essere assolto anche mediante un versamento in denaro conteggiato sulla base dell’estimo. E, come osserva la studiosa Patrizia Mainoni, ci si poteva far sostituire anche nelle “andate e cavalcate”.
Possiamo conoscere meglio i “milites” di allora attraverso i dipinti. Frequentissima nella città e nel territorio l’immagine di Sant’Alessandro sempre rappresentato in armi, perché le fonti agiografiche lo identificano come il vessillifero della legione tebea. Proposta nelle diverse epoche, secondo il costume contemporaneo ci fornisce un’interessante rassegna del mutare delle armature nei secoli. Teniamo in considerazione solo quelle che si riferiscono all’epoca da noi considerata.
Nei matronei della Basilica di Santa Maria Maggiore Sant’Alessandro a cavallo è raffigurato ad affresco con l’armatura in uso nella prima metà del Trecento. Sopra l’usbergo in maglia di metallo che protegge il busto il Santo indossa una corazza che dalla vita in giù è divisa in pendoni ferrati e che è completata da guardaspalle ad aletta, cannoni di cuoio per riparare le braccia e manopole. La corazza è parzialmente coperta da una sopravveste con un giglio sul petto, attributo del Santo. Le gambe sono difese da ginocchiere, paragambe imbottiti e gambali di corame. Ai piedi scarpe di pelle e speroni. Sul capo il camaglio, una specie di cappuccio in maglia di ferro, e l’elmo.
Più antica, sicuramente duecentesca, l’immagine della lunetta della bifora nell’aula della Curia. Molto simile l’armatura. Grande spazio è dato al vessillo e al mantello mossi nell’impeto della corsa. Sul protiro settentrionale di Santa Maria Maggiore, l’imponente statua equestre realizzata da Giovanni da Campione è descritta con minuzia nell’armatura completa di elmo, schiniere, ginocchiere, staffe e nelle finitura del cavallo, le cui zampe anteriori sembrano anch’esse protette da gambiere secondo l’uso del tempo.
Pur raffigurate realisticamente nell’armatura, le immagini alessandrine non possono prescindere dalla loro finalità devota. Nel prossimo incontro faremo invece conoscenza con cavalieri dell’epoca veramente esistiti.
Andreina Franco Loiri (per BergamoSera, 17-gennaio,2013)

Bergamo scomparsa: le vicinie vanno alla guerraultima modifica: 2013-02-12T14:33:00+01:00da amicimura1a
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