dall’ATENEO DI SCIENZE LETTERE ARTI di Bergamo

Un ennesimo grande regalo alla città da parte dell’ATENEO… un’eccezionale ricerca sui numerosi segni che la Storia ci ha tramendato dei secolari rapporti della nostra Bergamo e dei Bergamaschi con la Serenissima. E molto interessante le “mappe interattive” collegate tramite le quali è facilissimo “visualizzare e contestualizzare” gli elementi riportati (vedi p.es.: “sulla strada della Serenissima“)!

Personaggi Storici: Sforza Pallavicino

sforza pallavicinoSforza Pallavicino (Fiorenzuola 1519 – Salò 1585), il cui nome è molto legato alla storia di Bergamo, fu marchese di Cortemaggiore e di Busseto, Signore di Fiorenzuola, Salsomaggiore, Santarcangelo, Fidenza; figlio di Manfredi, apparteneva a un ramo della grande casata Pallavicino di antiche origini franche.
Fu un valoroso capitano, uno dei migliori del suo tempo. Robusto e coraggioso, fu ferito ben sei volte in battaglia; a 17 anni era già impegnato a combattere contro i francesi a Fossano in Piemonte. Nel 1542 ingaggiò un reggimento di cavalieri per soccorrere Vienna assediata dai turchi e, per i suoi meriti, nel 1543 ricevette il feudo di Fiorenzuola da Papa Paolo III. Fu poi al servizio dei Farnese, per i quali prese parte alla Guerra Smalcaldica e, nel 1547, ricevette dal pontefice Paolo III il grado di generale dell’esercito papalino ma, nel 1549, alla morte del pontefice, tornò in Austria a combattere i turchi. Accusato di essere coinvolto nell’assassinio del cardinale Giorgio Martinovich, venne scomunicato da Papa Giulio III ma poi assolto; combattendo i turchi, fu anche sconfitto e fatto prigioniero ma poi liberato grazie al pagamento di un forte riscatto da parte di Ferdinando d’Austria. Rimase in Austria con vari incarichi importanti (maresciallo delle fortezze e gran maresciallo del Regno) fino al 1556 quando rientrò in Italia a seguito del trattato di Gand. Nel 1557 passò al servizio di Venezia che gli concesse la nobiltà veneta e divenne Governatore Generale. Il primo incarico lo impegnò a Corfù ma nel 1561 arrivò per la prima volta a Bergamo con il compito di fortificarla con Astorre Baglioni e Girolamo da Martinengo. Iniziò subito la costruzione delle Mura facendo abbattere chiese (tra cui l’antica basilica di Sant’Alessandro che conservava il corpo del patrono), conventi e più di 500 case e tagliando a metà il borgo Canale. Si procurò un’altra scomunica quando ordinò di demolire anche la chiesa e il convento di Sant’Agostino che si salvarono perché  i frati offrirono una buona somma di denaro per allargare la cinta muraria di un perimetro sufficiente a contenerli. Negli anni successivi seguì i lavori di costruzione fino a che fu costretto a impegnarsi in nuove campagne militari intraprese da Venezia (Cipro, Dalmazia. Friuli). Nel 1571, mentre si trovava a Venezia venne colpito da un forte attacco di gotta e non prese parte perciò alla battaglia di Lepanto, ma nel 1574 era di nuovo a difendere Corfù. Solo nel 1579 poté ritornare nelle sue terre emiliane. Morì a Salò nel febbraio del 1585, tre anni prima che le “sue” Mura di Bergamo venissero completate. Con lui finì la sua dinastia e i suoi territori furono annessi al Ducato di Parma e Piacenza.

Il Podestà a Bergamo. Come governava Venezia

da  Cancelleria pretoria 1438-1805 – Biblioteca A.Mai

I primi rettori vengono inviati a Bergamo nel 1427, in seguito l’atto di dedizione a Venezia. La Serenissima conferisce loro un mandato ufficiale della durata di un anno, prolungato però di fatto a sedici mesi. Il podestà o pretore deve condurre con sè e stipendiare una curia o corte pretoria composta da tre assessori o curiali, tra i quali il vicario pretorio – che lo sostituisce, all’occorrenza, nelle cause minori – e il giudice alla ragione e dazi hanno giurisdizione ordinaria nelle cause civili, mentre il giudice al maleficio presiede a quelle criminali. Essi devono essere dottori in legge e recare con sè il “Corpus iuris civilis” glossato, segno della volontà di affiancare una preparazione romanistica alla formazione veneta dei rettori. Alla competenza giuridica il podestà unisce quella amministrativa, che prevede compiti come la soprintendenza sulle acque e la sanità, il rifornimento di cereali per la città, la determinazione del calmiere della farina e del pane ecc.
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Arrivano i Francesi a Bergamo

francesi a bgDopo il 15 Dicembre 1796, dunque, il Bonaparte avrebbe decretato di occupare Bergamo e la sua Cittadella a mano armata. Cristoforo Tentori ci trasmette il racconto di questa “perfidia” sua e dei Francesi a mezzo dei Dispacci dell’ormai arcinoto Vice Podestà Alessandro Ottolini.
Nel giorno dunque 24 Dicembre il N.H. Rappresentante di Bergamo scrisse al Senato il seguente Dispaccio.
SERENISSIMO PRINCIPE
Da Cassano arrivarono improvisamente a Stezzano questa sera alcuni soldati di Cavalleria Francese comandati da un Uffiziale, il quale poi comparve a questa parte, e mi presentò una Lettera del General Baraguey d’Hilliers Comandante la Lombardia…
Tale lettera, prima di giungere al Vice Podestà di Bergamo, Autorità legittima per le Terre di Stezzano, era stata indirizzata ai “Capi dei Comuni”, e Ottolini non manca di rilevare questa scorrettezza dei Francesi, che in effetti già la dice lunga sul loro intento di esautorarlo.
Quel che è più grave, è che la missiva informa dell’arrivo in quelle Terre, “prima della notte corrente”, di quattromila soldati di Fanteria e di 900 di Cavalleria, “sotto il comando d’un Generale di Brigata, ancora ignoto”.
Leggi la Storia su “La storia della caduta di Venezia

La battaglia di Lepanto – 7 ottobre 1571

In occasione della ricorrenza della grande battaglia navale che contò alla fine circa 40.000 morti, riportiamo un articolo sull’argomento, pubblicato anni orsono, a cura del nostro grande cantautore (nonché professore) Luciano Ravasio, che non tralascia alla fine, con il suo spirito di umanista disincantato, un commentino pungente.
Lepanto -Ravasio.jpg
…vedi su Youtube la cronaca Lepanto
…e, sempre sui risvolti bergamaschi di tale battaglia, tratto dalla Storia del B.Belotti leggi :  Bergamo e Lepanto

Bergamo e la battaglia di Lepanto

battaglia-lepanto_02.jpgAlla rovina di Famagosta del 1° agosto 1571, che portò allo scempio di Marcantonio Bragadin e Venezia a dipingere di nero le sue gondole, seguì, la gloria di Lepanto (7 ottobre 1571).
Quella strepitosa vittoria della Lega Santa fermò a lungo l’espansione ottomana ma, nell’immediato, non fu per i Turchi una disfatta perché, subito dopo, come avviene sovente nella storia, ci fu un voltafaccia degli alleati e Venezia, rimasta sola nella lotta, dovette accettare una pace svantaggiosa, simile a una sconfitta. Il 7 marzo 1573 infatti essa dovette rinunciare a Cipro, a Dulcino, ad Antivari e pagare trecentomila ducati a titolo di indennità di guerra, conservando solo gli antichi privilegi nei porti ottomani.
Ma una delle conseguenze immediate nella politica di Venezia, per la sua diminuita fiducia nella Spagna, sua confinante sull’Adda, fu poi la deliberazione di completare la fortificazione di Bergamo, iniziata 10 anni prima e per la quale, secondo molti consiglieri, la città sarebbe diventata un centro strategico decisivo.
Bergamo e Bergamaschi per Lepanto.
Durante la rinnovata guerra contro i Turchi, Venezia chiese a tutte le città di Terraferma un contributo, che per Bergamo fu di 24.000 ducati; e il 7 dicembre 1571, cioè un mese dopo la richiesta, la Signoria già incaricava i rettori di ringraziare i cittadini bergamaschi per quanto avevano fatto per tale tributo.
Corrispondendo poi agli inviti di Venezia per contribuire alla difesa di Cipro, Bergamo offrì ancora 10.000 ducati per armare una galea, alla quale fu dato il nome glorioso di S. Alessandro, e anche 224 galeotti (N.B. : per un confronto, rifare la porta di S.Lorenzo nel 1627 costerà alla città 4.000 ducati).
Ma già alcuni guerrieri bergamaschi erano partiti alla difesa dell’isola:
Giacomo Barile, Agostino, Galeazze e Camillo Canova, Galeazze e Carlo Calepio, Antonio Calvi, Francesco Corsini, Francesco Casotti, Orazio Spini, Marcantonio e Pietro Boselli, Ferrante Ambiveri, Giacomo Berlendis, Giovan Francesco Vitalba, Francesco Suardi, Giuseppe e Alessandro Bagnati, Federico ed Ezechiele Solza, Antonio e Ruggero de Tassis, Gio. Battista Brembati, Battista Quarenghi, Francesco Martinengo
Alcuni di questi perirono gloriosamente in battaglie antecedenti quella di Lepanto, come Carlo Calepio, fatto prigioniero dai Turchi a Cipro, Pietro Boselli, capitano di 50 cavalli, caduto sotto Nicosia, Federico ed Ezechiele Solza, morti in combattimento alla Morlacca, dove caddero pure Antonio Calvi, Battista Quarenghi e Galeazze Calepio.
Ma nella battaglia di Lepanto i Bergamaschi si fecero onore, con la galea comandata da Antonio Colleoni da Martinengo, che si trovò nel folto della mischia, decima in posizione, fra le 61 navi che formavano il centro, e precisamente fra la San Giovanni di Venezia e la Fano,  nave ammiraglia di Giorgio d’Este, e riuscì a catturare una galea turca.
A Lepanto si trovarono pure Alessandro e Giuseppe Bagnati, che l’anno precedente avevano combattuto da valorosi in aiuto di Famagosta, Antonio e Ruggero de Tassis, Marcantonio Boselli figlio di Pietro, Francesco Suardi e, fra gli altri, anche Francesco Corsini, ucciso poi a tradimento da uno spagnolo nel 1584, a Milano.
Dopo la vittoria di Lepanto, la città fu in festa per ben dieci giorni; mandò a Venezia due suoi nunzi a rallegrarsi, e fece una magnifica accoglienza al sopracomito della galea di S. Alessandro e, nei secoli successivi tutte le campane di Bergamo suonarono in quella data.
Il grande trionfo delle armi cristiane sarà cantato anche in rime dialettali bergamasche (G.A. Quarti : “Lepanto”  – A.Pinetti : “Bergamaschi a Lepanto”).