Il Podestà a Bergamo. Come governava Venezia

da  Cancelleria pretoria 1438-1805 – Biblioteca A.Mai

I primi rettori vengono inviati a Bergamo nel 1427, in seguito l’atto di dedizione a Venezia. La Serenissima conferisce loro un mandato ufficiale della durata di un anno, prolungato però di fatto a sedici mesi. Il podestà o pretore deve condurre con sè e stipendiare una curia o corte pretoria composta da tre assessori o curiali, tra i quali il vicario pretorio – che lo sostituisce, all’occorrenza, nelle cause minori – e il giudice alla ragione e dazi hanno giurisdizione ordinaria nelle cause civili, mentre il giudice al maleficio presiede a quelle criminali. Essi devono essere dottori in legge e recare con sè il “Corpus iuris civilis” glossato, segno della volontà di affiancare una preparazione romanistica alla formazione veneta dei rettori. Alla competenza giuridica il podestà unisce quella amministrativa, che prevede compiti come la soprintendenza sulle acque e la sanità, il rifornimento di cereali per la città, la determinazione del calmiere della farina e del pane ecc.
I proclami emanati dalla cancelleria pretoria (la maggior parte dei quali sono a stampa e sottoscritti dai due rettori e dai due cancellieri) costituiscono una nutrita documentazione di questa attività amministrativa e il loro contenuto ne offre un discreto spaccato. Vi figurano provvedimenti per “il quieto e pacifico vivere civile” e quelli a tutela della professione ed insegnamento della dottrina cristiana; regolamento dei dazi; disposizioni per la fiera annuale del prato di S. Alessandro, per la protezione delle acque delle rogge e dei beni immobili di privati, per la tutela del monopolio veneziano sul commercio di alcuni prodotti come la lana e i manufatti in vetro; imposizioni di tasse straordinarie per la guerra contro i Turchi; ordini ai notai di consegnare gli atti da loro redatti in un ufficio istituito appositamente dal comune; ordini di perseguire vagabondi, banditi e sicari; provvedimenti a tutela del valore delle monete, per gli estimi degli ecclesiastici, sull’autorizzazione a stampare, ecc.
Dalla giurisdizione del capitano o prefetto dipendono invece tutti gli stipendiati della repubblica Veneta e i loro parenti di primo grado – sia per le cause civili che per quelle criminali – e i soldati. A lui spettano pure le cause riguardanti il pagamento di tasse e contribuzioni per l’alloggiamento della milizia in città. Dal punto di vista amministrativo gli compete in particolar modo il territorio di Bergamo. Due cancellieri – scelti dal rettore e accompagnati da uno o più coadiutori – sono inoltre responsabili della cancelleria pretoria e di quella prefettizia, e due o tre ufficiali pubblici (Connestabili, commilitoni, baricello, capitano di campana) svolgono mansioni nell’amministrazione giudiziaria. Tutti gli ufficiali alla dipendenze dei rettori dovevano osservare un periodo di “contumacia” di cinque anni alla fine del loro mandato. Nel caso di assenza o ritardo nell’elezione di uno dei due rettori, l’altro assume su di sè la carica aggiuntiva del collega (da cui le denominazioni di podestà e vicecapitano e capitano e vicepodestà).
Lo stesso documento sopra citato riporta l’elenco degli atti riservati alla cancelleria pretoria, tra i quali risultano: “atti dipendenti da qualche decreto, ordine over parte over letere dell’Eccellentissimo Dominio di Venezia”; “atti che si fanno nelle cause di compromesso ‘more veneto’ e li seguenti et dipendenti da quelli”; “le lettere che si scrivono a magistrati del distretto di Bergamo ad istanza d’alcun forastiere”, compresi i salvacondotti; “i mandati penali a deponer l’armi et ad astenersi da violenza per evitar scandali”; “gli essami di testimoni in essecuzione di lettere mandate da qualche magistrato over giudice fuori dalla giurisdizione di Bergamo dirette al Magnifico Signor Podestà di Bergamo”; “gl’espeditioni delle lettere che venissero raccomandate over commesse al Magnifico Signor Podestà per alcuni Principi overo altri Signori”; “le lettere et atti che si fanno circa gli estimi et aggravi et beni comunali purchè dipendino dalli ordini del Dominio e appartengono al Stato come beneficio di cosa pubblica”; “le assicurazioni delle doti” (richieste però anche ai notai di Palazzo); “le cause de’ luoghi di Scalve, Taleggio, Averara, l’Olmo e Valtorta”; “gli atti et lettere per causa d’inobedienza, estorsioni et simili delitti commessi per alcun jusdicente del territorio di Bergamo over Consoli de Comuni overo amministratori de beni de comuni”; inoltre: “quando dall’Eccellentissimo Consiglio vien datta facoltà di procedere contro persone religiose, benchè non vi sia espressa la parolla di delegazione, restar debbe sempre il processo a’ Cancellieri”.
All’autorità congiunta dei due rettori spettano le cause più delicate e importanti e in particolare – come appare nelle filze seicentesche di atti “communi” dei rettori – quelle riguardanti i luoghi pii e le deleghe da Venezia. Gran parte dell’attività giudiziaria della cancelleria pretoria è, infatti, costituita dalle cause d’appello e da quelle delegate. Nelle cause civili, il podestà è uno dei giudici a cui ci si può rivolgere in prima istanza, mentre solo a lui spettano le cause seguite a lettere da Venezia o in materia testamentaria. Al podestà come giudice delegato o al vicario come subdelegato della Dominante sono presentati gli appelli, che vengono poi commissionati ad un giudice del collegio dei giuristi. Le sentenze del podestà sono inappellabili per cause inferiori ai ducati 10; appellabili agli auditori nuovi presenti a Bergamo per cause tra i 10 e i 30 ducati; appellabili agli auditori nuovi in Venezia o alle magistrature veneziane competenti (quarantia civil nuova, quarantia civil vecchia, quarantia criminale, collegio dei venti savi, avogadori di comun) per le cause superiori ai ducati 30. Oppure si ricorre direttamente a un giudice del collegio eletto concordemente dalle due parti in presenza del vicario; questi esamina il caso e fornisce un parere vincolante per il giudice di prima istanza, che pronuncia la sentenza, conferendole così l’autorità necessaria.
La giurisdizione penale si suddivide invece in ordinaria e straordinaria, o delegata. Nella prima podestà e corte pretoria procedono con l’autorità ordinaria prevista e regolata dagli statuti e i processi sono per lo più istruiti nell’ufficio del maleficio. La seconda riguarda più da vicino la nostre serie: entrambi i rettori, con la corte pretoria, sono chiamati a giudicare cause che vengono loro delegate dal consiglio dei dieci o dal senato e riguardanti in genere materie che sono di stretta competenza di queste magistrature o che per la loro natura e gravità richiedono più ampi poteri decisionali (esercitati secondo la clausola “servatis servandis” o secondo il rito inquisitorio. Dal momento in cui giunge la delega, i processi – in genere già istruiti nell’ufficio del maleficio – vengono sottratti a questo e affidati al cancelliere pretorio o ai suoi coadiutori con l’assistenza del giudice al maleficio e continuati fino all'”espeditione” effettuata da entrambi i rettori con la corte pretoria (da cui la formula iniziale del documento “Li rettori come giudici delegati”).
Questa procedura esclude così automaticamente l’intervento dei notai cittadini e per questo viene utilizzata sempre più frequentemente da Venezia, allo scopo di concentrare nelle sue mani il controllo della giustizia. A partire dal XVII secolo, infatti, si assiste ad un costante aumento dell’importanza della cancelleria pretoria.

Il Podestà a Bergamo. Come governava Veneziaultima modifica: 2015-04-22T23:58:28+02:00da amicimura1a
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