A Venezia dicevano di noi…

I Rettori della città inviati da Venezia a governare Bergamo :

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Podestà Pietro Sanudo : 23 maggio 1549
“…. molto popolata ma piena di povertà”.

Capitano Francesco Bernardo : 5 novembre 1553
“Dirò altre poche cose della città. La quale è la maggior parte posta in monte, ma in sitto molto ameno che discopre tutta la Lombardia, ha di fora di molti et belli giardini. Vi è molta nobiltà, conti, cavalieri assai et gran numero de dottori et de altri gentilhomini: non sono già di molta ricchezza. Non fanno mercantia né la vogliono sentire, ma viveno parcamente. Il populo universalmente cerca de viver con le sue fatiche et ognuno se ne sta contento nel suo stato, di sorte che non solamente è la più quiete di tutte le .altre di Vostre Illustrissime Signorie, ma credo d’ogni altra d’ittaliana qual esser si voglia”.

Capitano Giulio Gabriel : 20 ottobre 1567
“Trovai quella città quietissima et sopra il tuto che si mostrava devotissima di questo felice Dominio, ne la qual  tranquillità et quiete per pochi mesi vi restò, essendo stata per molti accidenti inquietata, de li quali il primo fu la rissa tra li conti Brembati et il conte Francesco Albana e Il secondo la costruzione delle nuova mura che è stata la ruina di molte case: però Bergamo ha da esser la più bella et più forte città.” Continua a leggere

Attila è alle porte !

Scoprii Bergamo una sera d’estate; Bergamo Alta, intendo dire. E il ricordo è rimasto quello del primo incontro, ripidi acciottolati, angustie vie tra antichi palazzi e splendide piazze; il verde ridondante dalle cinte dei giardini, tenui luci, profumi di indefinibili essenze. Sotto, la sfavillante distesa di Città Bassa.
Bergamo Alta mi parve un sogno irreale, un benevolo sortilegio che mi portava indietro nel tempo. Ritorno ogni volta con questo stato d’animo. Varco la porta veneta di Sant’Agostino, al terzo ordine di mura, discretamente, come chi entra nel passato.
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Eccomi in Piazza Vecchia, al caffè del Tasso. Gli avventori sono giovani e anziani; studenti, artigiani, pittori, forestieri e bergamaschi, vocianti e indifferenti alla suggestiva cornice dell’ambiente. Conversano, discutono, si accalorano. “L’Atalanta ritorna in serie A, evviva l’Atalanta!”. Nell’antico caffè c’è esultanza. Grande squadra, splendida città, gente orgogliosa, questi cenomani di stirpe orobica. Gente nata e cresciuta quassù, nella Bergomum fondata dai celti a 366 metri di altitudine, dove la Val Brembana si incontra con la Valle Seriana.
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Il “gruppo d’impegno” di Città Alta

Nasce a cavallo tra il ’69 e il 70 come “Gruppo giovanile d’impegno per i problemi di Città Alta”. La molla è quella dello spontaneismo politico sessantottesco, ma sono attivi anche giovani di partito: dal comunista Cuni al democristiano Mandelli, alla socialista Silvana Taccino. Ci sono, in prima linea, gli indipendenti Giovanni Carullo e Nino Gandini. I partiti divengono subito diffidenti: il “Gruppo” non .è controllabile. Nell’estate del 71, Mandelli se ne va, la DC si dissocia; e poco dopo viene ritirato anche il comunista Coni. Il PCI di Bergamo non vuole che il “Gruppo” appaia soltanto come iniziativa “rossa”; e del resto non intende prender di petto la DC, partito dominante in provincia cattolica. Si prevede, inoltre, che i pochi rimasti finiranno per disperdersi.
Ma non è così. Cade il “giovanile”, e resta un “Gruppo d’impegno per i problemi di Città Alta”, con Carullo e Gandini, gli indipendenti che non disarmano, appoggiati ancora da qualche giovane socialista, la Tacchio e Giuliano Mazzoleni. Lo spontaneismo non muore. Alleato alla sezione bergamasca di “Italia Nostra”, il gruppo diventa presto portavoce di Città Alta, di fatto l’unico interlocutore attivo — e polemico, naturalmente — dell’amministrazione comunale. E, per la prima volta, in molti anni di prudenza, i problemi di Città Alta, anche quelli minuti come gli ippocastani in pericolo a Colle Aperto, diventano materia di polemiche e scontri che colpiscono i bergamaschi. Si studia e si fanno campagne di protesta.
Dal “Gruppo d’impegno” parte, in collaborazione con “Italia Nostra”, un’indagine sulle abitazioni dei ceti popolari, mentre Città Alta va verso la trasformazione terziaria, l’insediamento di lusso, l’invecchiamento della popolazione. Escono dal ciclostile 600 schede (quattro pagine fitte di domande), e la gente risponde, partecipa. A maggio del 72, per citare un caso, quelli del gruppo scendono in campo, con una manifestazione nel Palazzo della Ragione, per denunciare la lenta fine del Teatro Sociale, da anni in stato di abbandono. Continua a leggere