1588-1988 Le Mura di Bergamo

libro 16 - Le Mura - Ateneo.jpgPer prima cosa vien spontaneo chiedersi: quanto si sa sul nostro anello bastionato? Domanda che significa come e cosa si è scritto sulle nostre Mura.
E indubbio che nell’ambito degli studi assolve ancora il compito di pietra miliare il volume Le Mura di Bergamo edito dalla Azienda Autonoma di Turismo nel 1977. Una raccolta di studi che seppur con intrinseci limiti derivanti da un approccio che non poteva eludere del tutto la funzione divulgativo-turistica propria della committenza, rappresentò una novità assoluta nell’ambito degli studi sul tema, soprattutto per il taglio dato alle analisi: non solo la vicenda storica della costruzione delle mura di Bergamo, ma i nessi e i confronti comparativi con il più vasto panorama del fortificare nel secolo XVI.
Se consideriamo alcune delle principali pubblicazioni sulla città e la sua storia scritte successivamente a quel libro, e mi basti citare lo studio di Alberto Fumagalli, Bergamo. Orìgini e vicende stanche del centro antico edito da Rusco ni nel 1981, o il libro di Walter Barbero, Bergamo edito da Electa nel 1985, oppure il volume su Bergamo della collana Le città netta storia d’Italia della Scalvini e Piero Calza, pubblicato da Laterza l’anno scorso; ebbene basta verificare lo spazio assegnato dagli autori al tema che qui ci interessa per accorgersi che c’è un abisso (per quanto riguarda le mura) fra queste storie di Bergamo e quanto scritto sullo stesso argomento prima del libro dell’Azienda. Eppure ci riferiamo a pubblicazioni curate dai nostri più importanti storici: dal Fornoni al Belotti a Luigi Angelini.
Tuttavia, e non è un paradosso, il giusto successo di questa pubblicazione’ha significato anche sbandamenti e pigrizie di ulteriore ricerca, tanto che oggi dobbiamo purtroppo affermare che grandi passi avanti nell’interpretazione e nello studio delle mura non si son visti, nessuno o quasi s’è peritato d’indagare e completare ciò che per ragioni di “fiato” non fu possibile affrontare allora, mi riferisco per esempio a quanto sarebbe indispensabile fare per conoscere meglio la vita reale della fortezza: approvvigionamenti, truppa, acquartieramenti, munizionamento, rapporti economici e sociali con la popolazione, qualità dell’armamento, piani tattici di utilizzo, caratteristiche, provenienza e costi della soldatesca, personalità dei comandi e via dicendo. Tutto quel mondo e quei problemi che rendevano la nostra fortezza una piazza reale, come si diceva, e non solo una grande architettura, come magari siamo propensi oggi a considerarla. Ma anche in rapporto ai muri alcune vistosissime, ma obbligate lacune, lasciate nel libro non sono state ancora colmate e mi basti citare il Castello di S. Vigilio che meriterebbe una pubblicazione a sé, tanto è ricco di significati e di vicenda storica, eppure dobbiamo ancora limitarci alle poche notizie presenti in quel testo.
Tuttavia anche per le mura dobbiamo dire che undici anni non son passati invano: la bibliografia riguardante la nostra cinta si è arricchita di almeno una trentina di nuovi titoli, fra articoli, saggi e tesi di laurea, tanto che, certamente, il libro Le Mura di Bergamo potrebbe essere riscritto, per via delle molteplici precisazioni che oggi su vari argomenti si possono fare, ma non ancora sostituito; e questo, se come coautore mi può far piacere, come studioso della nostra cinta mi rammarica. (…..)
La dizione “Bergamo città fortezza” sotto la quale, per il Comune di Bergamo, sono stati avviati interventi di restauro lungo la cinta, è da ritenersi non solo un riuscito slogan ma una affermazione corretta.
In rapporto a questi problemi di linguaggio, dovremmo abituarci anche a non parlar più di mura venete ma di mura veneziane (o meglio, per quanto ho detto prima, di fortezza veneziana) infatti la Dominante è Venezia: è l’aristocrazia veneziana che governa lo Stato e che ne esprime le sue istituzioni.
Un altro problema è aderente al cogliere veramente che le nostre mura, in quanto cinta bastionata, sono espressive di quel cosiddetto “spazio profondo” che rende indispensabile una lettura e una considerazione del manufatto architettonico che deve superare il concetto di circuito, di perimetro, per acquisire quello più corretto ed opportuno di area, di spazio funzionale alla difesa. (…..)
Ebbene, in questi quasi tre secoli di onorato servizio militare, nulla o quasi è filtrato finora dai setacci degli storici e questo vale, come s’è detto, per moltissimi altri elementi delle Mura.
È indubbio poi che lo scarso approfondimento dei temi pertinenti allo studio delle vicende delle singole parti della cinta bastionata, determinano anche ahimè non pochi guasti quando si interviene su queste strutture per eseguire dei restauri.
L’ultimo caso è proprio nel restauro della faccia occidentale del baluardo della Fara si son fatte dichiarazioni, interpretazioni, e si sono adottate soluzioni che denotano la mancanza di ogni studio e di ogni conoscenza specifica. E affinché non si possa arrivare a dire che più del degrado potè il restauro a rovinare i nostri monumenti fortificati, è ora e giusto che gli studiosi di storia e d’architettura si indirizzino a ripensare l’ancor troppo lacunoso e marginale tessuto conoscitivo che riguarda l’apparato militare delle nostre mura, nel doveroso e valido obiettivo di portare nella giusta luce e considerazione il più vasto impianto bastionato della Lombardia.tratto da – 1588-1988 Le Mura di Bergamo – STUDI E QUESTIONI APERTE ATTORNO ALLE MURA DI BERGAMO, Arch.G.Labaa (Le Mura -Arch.Labaa – Ateneo)

1588-1988 Le Mura di Bergamoultima modifica: 2012-06-23T13:32:00+02:00da amicimura1a
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