Riapre il sentiero dei Vasi… finalmente!

Finalmente… era ora. Uno dei percorsi più amati dai bergamaschi, e conosciuto anche dai turisti, viene riaperto e, soprattuttto, con la garanzia che d’ora in avanti qualcuno ne avrà cura e non si arriverà più al degrado cui si è assistito.220708 - inaugurazione VasiSono terminati i lavori lungo il percorso di 1,9 km che si snoda tra via Ramera e località Gallina e grande enfasi, all’inaugurazione, è stata data soprattutto al suo valore ambientale come testimoniano i cartelli posti all’inizio: taglio selettivo e contenimento delle piante esotiche invasive come la robinia, rispettate le latifoglie, come il carpino bianco, messe a dimora 1.181 piantine di specie ecologicamente coerenti, come rovere, farnia, carpino bianco, acero campestre, olmo, frassino maggiore, …e ci si aspetta un miglioramento della composizione della diversità biologica, con l’aumento della ricchezza floristica e faunistica della zona e l’incremento di stabilità dell’ecosistema… benissimo!
Ma, così..en passant, ci si è ricordati anche di un certo manufatto… e meno male! perchè quello non era nato come sentiero romantico ma come percorso (che doveva essere nascosto il più possibile) di un acquedotto, studiato nel medioevo e forse anche prima, che raccoglieva le acque delle diverse sorgenti e le convogliava in città. E QUESTO HA TENUTO IN VITA I BERGAMASCHI DI CITTA’ ALTA FINO ALL’ ‘800! Un acquedotto che teneva in pensiero i soldati veneziani perchè, in caso di assedio, la sua scoperta da parte del nemico avrebbe certo causato la resa della città!
Il “manufatto”, prezioso, avrebbe meritato sicuramente più attenzione per il suo valore storico e VITALE per la città!
Costo totale alla comunità 250.000 € … e tanta pazienza! Andando a scartabellare nel passato, si può scoprire che dal 2002 (venti anni fa!) qualcuno ne aveva richiesto la cura.. ripetendosi nel 2012 e poi ancora nel 2018… e sicuramente con una cura costante non si sarebbe arrivati a dover oggi impiegare tante risosrse!!
02 - 12 - 18 OdG Vasi…vedi anche articoli precedenti sull’acquedotto di Vasi e…

Ai posteri l’ardua sentenza!

BERGAMO e il suo territorio

Sappiamo che il territorio bergamasco venne analizzato e suddiviso dai Romani con la prima centuriazione dell’89 a.c. quando gli abitanti, sicuramente in prevalenza Galli Cenomani, ricevettero dall’Imperatore Pompeo Strabone i diritti italici.
Da allora il numero degli abitanti cominciò a crescere (lentamente a causa di invasioni, guerre e carestie) ma dove vi erano solo grandi distese e boschi cominciarono a sorgere villaggi e borghi.
Facendo un salto di ben 1300 anni, si può trovare una particolare situazione del territorio che risulta suddiviso semplicemente in “Facte” che prendono il nome delle porte da cui si dipartono le vie dalla città di Bergamo. Siamo nel 1331: si è conclusa da poco l’esperienza comunale ed è ancora in corso quella delle Signorie, è passata da poco una prima ondata di pestilenza (1315) e da poco è venuto a Bergamo Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, nel tentativo di porre fine alle sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini. Sono i tempi di Dante e Petrarca e, a Bergamo, di Alberico da Rosciate, il giurista che parteciperà alla stesura del primo Statuto della città.
Nei successivi due secoli la realtà evolve molto più rapidamente e tra il ‘300 e il ‘500 i villaggi divengono borghi e cittadine. L’espansione prende il volo anche grazie alla “pax veneziana” (per oltre tre secoli Bergamo non sarà toccata da guerre) e grazie all’amministrazione veneziana stupendamente relazionata nel 1596 dal suo Capitano Giovanni Da Lezze, possiamo disporre di una situazione del territorio che non si discosta molto dall’attuale. Il Capitano Da Lezze fu un benemerito di Bergamo, e si può ben affermare che mentre molti rettori veneti furono senza ragione ricordati con lapidi e statue, per lui fu giustamente eretta in Piazza Nuova una colonna, purtroppo distrutta nel tempo.(BB 4-178). Infatti, tra tutte le relazioni dei vari rettori quella del capitano Da Lezze merita particolare menzione, perché si può ben dire che sia il primo documento statistico della provincia di Bergamo, veramente completo. Questa relazione, che porta la data 21 ottobre 1596 (era da appena otto anni terminata la costruzione delle Mura ma erano in corso i perfezionamenti), descrive la città, ne indica le parti, gli edifici, le istituzioni, quindi descrive il territorio nelle sue varie circoscrizioni, e per ciascuna dì esse i vicariati e le rispettive comunità, coi confini, le contrade, il regime amministrativo, i privilegi, gli estimi, le chiese, i monasteri, le istituzioni di beneficenza, i prodotti e tutte le singolari particolarità di ognuna.(BB 4-195).
Ma chi era questo particolare Capitano della Serenissima?
Giovanni Da Lezze, Conte di Croce (Venezia, 15 aprile 1554 – Venezia, 12 settembre 1625), era di nobile famiglia, era un militare ma fu anche un ottimo politico. Già nel 1570, durante la guerra di Cipro fra Venezia e i Turchi del sultano Selim II, il Da Lezze fu nominato (poco più che sedicenne) Provveditore di Dalmazia e Albania e a Zara combatté valorosamente.
Molto più tardi (17 aprile 1595), fu inviato come Capitano al confine veneziano di Bergamo, dove rimase fino al 13 ottobre 1596, e, alla fine del suo mandato, compose per il Senato di Venezia quella particolareggiata descrizione di Bergamo e del suo territorio destinata a passare alla Storia della città.
Dal 1608 al 1610 fu il Capitano di Brescia e anche per essa redasse il Catastico Bresciano, una altrettanto dettagliata relazione che tracciava un quadro perfettamente esauriente dell’economia bresciana.
Si ritirò poi a Venezia nel suo palazzo situato presso la Scuola Grande delle Misericordie per la costruzione della quale, come scrisse nel testamento, spese 34.000 ducati e venne insignito del grado di Provveditore Generale della Serenissima.

Da non dimenticare che resta ancora scaricabile da questo stesso sito, un estratto delle prime pagine, quelle riguardanti la conformazione delle Mura, della Rocca e della Cappella, cliccando su questo link: “Giovanni da Lezze“.

Un grande centro commerciale in Centro!!

La situazione economica della città necessita di un nuovo luogo di scambi commerciali.

Dal 774 i Franchi di Carlo Magno hanno preso il potere sostituendo con i Conti i precedenti Duchi dei Longobardi e le corti vanno trasformandosi in castelli entro vasti latifondi; la necessità di procurarsi quanto non si può produrre e di cedere la produzione superiore al proprio consumo, rende naturale il costituirsi di mercati di scambio e di fiere periodiche. Già da alcuni secoli la festività dedicata a Sant’Alessandro, il 26 agosto, raduna in città e dintorni un grande numero di abitanti del territorio e molti portano con sé denari e merci per pagare affitti o donazioni alla Chiesa. La costituzione di una fiera-mercato in quei giorni e nel luogo dedicati al Santo, il campo detto di Sant’Alessandro, risulta ovvia.
I complessi avvenimenti storici che coinvolgeranno Bergamo nei secoli successivi (guerre, carestie, invasioni, epidemie, ecc.) non fermeranno lo sviluppo dei commerci e degli scambi in quella località.
Nel 894, il re d’Italia Berengario fa dono delle rendite di quel prato ad Adalberto Vescovo di Bergamo per ripagarlo dei danni subiti dalla chiesa del Santo durante l’assedio per la riconquista della città dopo la presa di potere del conte Ambrogio.
Nel 908 il Vescovo cede quel diritto ai Canonici di S.Vincenzo.
Nel 1136 tale previlegio viene riconfermato dall’imperatore Lotario II (che dopo una dieta a Bamberga presieduta da Bernardo di Chiaravalle aveva deciso una seconda campagna in Italia) per la fedeltà dimostratagli dalla città.
Nel 1189 gli scambi nel campo sono di tale entità che il Comune dove delegarvi un giudice per le questioni che avrebbero potuto sorgervi. Continua a leggere

Ritratto delle più nobili e famose città d’Italia

…e tra queste poteva mancare Bergamo?!? A trovare tra loro il giusto posto ci pensò, già nel 1575…
Francesco Tatti detto Sansovino (Roma, 1521 – Venezia, 1586) letterato e imprenditore librario.
Nato a Roma, primogenito del grande architetto Jacopo Tatti detto Sansovino, fu battezzato nella chiesa di S. Eustachio e suo padrino fu Giovanni Maria Del Monte, poi divenuto papa Giulio III. Ancora bambino seguì il padre, che si rifugiò dapprima a Firenze e poi a Venezia, mentre Roma veniva saccheggiata dai Lanzichenecchi (1527). Ricevette una classica istruzione aristocratica di stampo umanistico con insegnanti di grammatica e retorica e seguendo le lezioni del grecista Antonio Francini collaboratore editoriale e curatore di testi greci e latini.
Per volontà del padre studiò legge prima a Padova (dove però seguì anche le lezioni di Lazzaro Bonamico, noto classicista commentatore di Cicerone, Tito Livio, ecc). L’adesione agli Infiammati nel 1540 segnò profondamente la sua formazione intellettuale e professionale per le idee innovative che si sviluppavano in quel consesso, in particolare riguardo all’uso del volgare per promuovere una divulgazione del sapere che fosse anche fondamento di una nuova etica. Si spostò poi all’Università di Bologna e nel 1542 si affiliò anche dell’Accademia Fiorentina ampliando la rete di conoscenze fiorentine e toscane. Nel 1550 andò Roma, facendo parte della corte del suo padrino eletto al soglio pontificio come Giulio III, ma ben presto rientrò a Venezia dove si sposò e si stabilì lasciando definitivamente l’avvocatura per dedicarsi alle lettere; aderì all’Accademia Veneziana o della Fama e condusse una vita ritirata e tranquilla da autore poligrafo, prestando dapprima la sua opera alle famose tipografie veneziane. Nel 1560 Sansovino iniziò la sua attività di stampatore ed editore.
La produzione di Sansovino è molto vasta, sia per temi trattati come stampatore sia per numero di opere firmate. La banca dati Edit16, conta 213 titoli riferiti a suo nome e sono state registrate ben 97 opere, fra edite e inedite, scritte in un trentennio nelle vesti di autore, traduttore e compilatore. Gli argomenti sono i più disparati: dalla storia alla medicina (L’edificio del corpo humano -1550), dalle tecniche amorose all’agricoltura, dalla grammatica alla politica al diritto e all’attualità (da ricordare è in tal senso il suo contributo alla fiorente letteratura turchesca, soprattutto tra i primi anni Sessanta e la battaglia di Lepanto del 1571). Continua a leggere

Le “nostre” lapidi…

Le “nostre” lapidi sono la “nostra” Storia. Rappresentano la volontà di non dimenticare nè chi ci ha preceduto nè le opere che ci hanno permesso di essere quello che oggi siamo. Tutte le procedure ufficiali sono state rispettate… le segnalazioni all’amministrazione sono state inoltrate, spiegate e accettate per valide. Resta ora da vedere quando i lavori di indispensabile restauro verranno effettuati… prima che il tempo li renda inutili!!

I “grandi” della Storia… e Bergamo.

Dalle reminescenze scolastiche ripeschiamo la figura di un grande uomo, uno scrittore, poeta, filosofo e filologo: Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) che è considerato il precursore dell’Umanesimo e uno dei fondamenti della Letteratura Italiana.
Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della Patria come Mater e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l’agostinismo in contrapposizione alla scolastica e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli “studia humanitatis” in senso antropocentrico, Petrarca spese l’intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica attraverso l’imitazione dei classici, offrendo un’immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi.
Petrarca fu un intellettuale “maestro“, bisognoso di fornire modelli e comunicare valori che, poi, furono fatti propri e compiutamente sviluppati nell’Umanesimo e nel Rinascimento.
La sua opera più celebre è senz’altro il Canzoniere: opera in volgare contenente 366 liriche per la maggior parte dedicate a Laura. Il titolo originale dell’opera è in latino: Rerum Vulgarium Fragmenta, ossia “frammenti di cose volgari” ma, con questa espressione, il Petrarca vuole sottolineare il fatto di aver scelto di scrivere in volgare.
E fin qui, con l’aiuto di Wikipedia, tutto bene… ma se volessimo sapere per esempio se Petrarca ebbe mai a che fare con la Bergamo di allora, quella dei Visconti, dove si lavorava per completare la Cittadella e il Castello di S.Vigilio ma anche quella del Convento di S.Agostino, allora già importante centro religioso e culturale? Ebbene sì… anche Petrarca passò da Bergamo; fu, come si dice, solo una simpatica “scappata” della quale parlò però in sua sua epistola ad un amico milanese; ma, nonostante la sua propensione per il volgare, le lettere le scriveva in latino e allora per facilitarne la lettura (benché sia certo che tutti noi si mastichi perfettamente l’idioma dei nostri antichi!) la riportiamo con tanto di traduzione. (pigiando sull’immagine si potrà scaricare l’intera epistola)Petrarca - epistola1

Personaggi storici bergamaschi : Mosè Del Brolo

mosè-brolo,liber-pergaminusMosè Del Brolo visse nella parte iniziale del Basso Medioevo (Bergamo 1080 ca – Ravenna 1157 ca) ai tempi delle crociate e del Barbarossa; egli fu Arcivescovo ma anche poeta, grammatico e traduttore. Citato per la prima volta da Pinamonte da Brembate nel 1230, è stato per molto tempo al centro di numerose dispute volte ad identificarne la collocazione temporale. Nel basso medioevo e nei secoli successivi era infatti ipotesi comune collocarlo tra il VI ed il VII secolo, facendolo appartenere alla famiglia Mozzi (come affermato dal Pellegrino) o, secondo l’ipotesi del Lupi, alla famiglia Albani. A tal riguardo, Padre Donato Calvi sosteneva che questi fosse segretario dell’imperatore bizantino Giustiniano, il quale gli commissionò una descrizione di Bergamo, la sua città.  L’infondatezza di tutte queste teorie fu evidenziata, all’inizio del XVIII secolo, da Ludovico Antonio Muratori che nella sua opera Rerum Novarum Scriptores indicò Mosè Del Brolo vissuto tra l’XI ed il XII secolo, evidenziando il fatto che lo scrittore bergamasco faceva riferimento al Vescovo di Bergamo Ambrogio, vissuto anch’egli nel XII secolo. Tuttavia la tesi del Muratori fu a lungo contrastata da Guerrini e Ferdinando Caccia, per essere poi accettata e considerata universalmente a partire dal XIX secolo. Nato a Bergamo dalla famiglia Del Brolo, fu avviato agli studi religiosi giungendo fino all’ordinazione. Continua a leggere