Incontri in libreria : Accadde a Famagosta

Un interessante resoconto dei sopravvissuti all’assedio e distruzione della fortezza veneziana, nostra speculare terra di confine a sud-est, della Serenissimalibro - Famagosta flibro - Famagosta r
L’assedio della città di Famagosta permise ai Turchi d’impossessarsi dell’intera isola di Cipro; l’assedio durò quasi un anno, dal 22 agosto 1570 al 4 agosto 1571.
La città fu assediata dall’imponente flotta turca ottomana capitanata da Lala Kara Mustafa Pascià. I veneziani erano guidati da Marcantonio Bragadin e da Astorre Baglioni (già Capitano Generale alla Fortezza di Bergamo).
Appena cominciato l’assedio, il comandante ottomano inviò la testa mozzata di Niccolò Dandolo, governatore di Nicosia, con l’ordine di resa immediata. Questo non spaventò né Bragadin né Baglioni, che, dopo aver fatto seppellire con onoranze funebri la testa dell’eroe, decisero di non arrendersi.
L’esercito nemico disponeva di 113 pezzi di artiglieria, 3000 cavalli, 193.000 fanti e 40.000 guastatori (in totale circa 233.000 uomini). Il Baglioni aveva a disposizione 90 pezzi di artiglieria, circa 6000 fanti (2000 italiani e 4000 greci) e 200 cavalli; ricevette poi un rinforzo di 2400 fanti e 150 cavalli (in totale circa 8.050 uomini, ossia circa di uno ogni 30 invasori turchi).
Famagosta aveva un ottimo sistema difensivo: si affacciava al mare ed era protetta da un muro di cinta con quattro baluardi e protetta da un ampio e profondo fossato. Questo però non poteva resistere all’assedio di un enorme esercito ottomano in continuo incremento calcolando anche la scarsità di derrate alimentari in giacenza nella città.
I primi attacchi vennero condotti dai giannizzeri, che però furono respinti dalla cavalleria veneziana e quindi Lala Mustafà decise di far uso massiccio dell’artiglieria.
Bragadin e il comandante delle truppe Astorre Baglioni seppero sfruttare al meglio il sistema fortificato e le poche truppe di cui disponevano, riuscendo a resistere e infliggendo gravi perdite al nemico con la loro controbatteria e con incursioni a sorpresa fuori dalle mura.
Il generale turco temette una rovinosa sconfitta come quella subita durante l’assedio di Malta di cinque anni prima e chiese perciò ulteriori rinforzi che portarono l’esercito assediante a 250.000 unità.
Il 26 gennaio 1571 giunsero a Famagosta le 16 galee veneziane di Marcantonio Querini con rifornimenti di viveri e 1.600 soldati e tra questi il figlio dell’ammiraglio stesso. Un ultimo rifornimento, 800 fanti, arrivò in marzo. Nel frattempo gli ottomani avevano posizionato nuova artiglieria e scavato nuove trincee mentre i continui bombardamenti (circa 150.000 colpi) stavano riducendo la città a un cumulo di macerie.
Verso fine luglio 1571 Mustafa Pascià, perso il figlio in battaglia, ordinò il più pesante bombardamento dall’inizio dell’assedio: la torre nord venne in gran parte demolita. Con le mura compromesse, i soldati rimasti in settecento, in gran parte feriti ed esausti, la popolazione ridotta allo stremo, il Baglioni e il colonnello Martinengo optarono per accettare la resa offerta con la promessa di aver salva la vita loro e di tutti i cittadini rimasti e anche con la possibilità di rimpatriare. Anche Marcantonio Bragadin, che pur prevedeva il tragico destino della città, decise infine di sottoscrivere la resa il 1° agosto 1571.
Ma Mustafa, furioso per le perdite subite (non meno di 52.000 uomini), contravvenendo alle sue promesse, appena firmata la resa, fece decapitare e tagliare a pezzi il Baglioni e la sua scorta, impiccare tre volte il colonnello Martinengo e trucidare tutti i soldati rimasti. La città venne lasciata in balia delle milizie ottomane, che seminarono la strage e distrussero le chiese.
In ultimo, iniziò il supplizio di Bragadin: fu incatenato, gli furono mozzate le orecchie e il naso, prima issato sulla cima dell’albero di una galea e poi frustato e rinchiuso per dodici giorni in una minuscola gabbia al sole, esposto ai soprusi dei soldati vincitori. Il 17 agosto 1571 venne condotto, dopo altre sevizie e umiliazioni, nella piazza principale e scuoiato vivo. Le membra squartate e date ai cani, la sua pelle, impagliata, venne esposta sulla nave ammiraglia e portata a Istanbul; custodita in una botte per vivande nell’Arsenale della città, fu presa da uno schiavo veneziano, Gerolamo Polidori, che corrompendo guardiani, riuscì a riportarla in patria; nel 1580 fu posta in un’urna nella chiesa di San Gregorio e fu trasferita nel 1596 in quella dei Santi Giovanni e Paolo, dove si trova attualmente. In ricordo di quel massacro tutte le gondole furono dipinte di nero.
L’eroica resistenza di Famagosta servì in ogni caso a far guadagnare tempo alle forze cristiane, tenendo impegnata l’enorme flotta ottomana: a Lepanto, appena un mese e mezzo dopo, l’armata della Lega Santa ottenne una schiacciante vittoria sulle forze turche.

La Fortezza è bellissima

Biblioteca Mai -atrioBellissima iniziativa alla Bblioteca A.Mai.  Nell’atrio della Biblioteca Civica Angelo Mai, è allestita la mostra dal titolo “La fortezza è bellissima”. Le Mura di Bergamo nelle raccolte della Biblioteca Angelo Mai. Con testi e immagini, libri antichi e moderni, documenti archivistici originali e in copia, dipinti e stampe, normalmente non visibili al pubblico, la mostra racconta la storia della fortificazione che trasformò la città di Bergamo nel primo baluardo occidentale in terraferma della Serenissima. Documenti rari e preziosi illustrano le vicende della realizzazione della cinta muraria – dalla progettazione all’apertura del cantiere, dalla ricerca delle maestranze alle resistenze della popolazione, dalla costruzione dei baluardi alle opere di abbellimento – e le vicende dei secoli successivi, tra evoluzioni architettoniche, riusi e valorizzazioni. Le Mura di Bergamo, da sempre oggetto di studio da parte di storici, architetti e urbanisti, sono proposte oggi all’attenzione dell’Unesco per essere dichiarate, con il più ampio sistema difensivo voluto da Venezia per i suoi territori, ‘patrimonio dell’umanità’, ma sono riconosciute ‘patrimonio della città’ di inestimabile valore storico e culturale da oltre quattro secoli. Curata dal Gruppo Volontari dell’Associazione Amici della Biblioteca Mai, la mostra rimane allestita fino al 10 gennaio 2015.

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Personaggi storici bergamaschi: Gabriele Tadino

tadino,personaggi-storiciGabriele Tadino (Martinengo, 1475 – Venezia, 4 giugno 1543) fu militare e ingegnere. Si arruolò nell’esercito della Repubblica di Venezia dopo aver completato gli studi nel campo delle scienze e difese militari. Nel 1513 ricevette l’incarico delle fortificazioni di Crema; nel 1522 contribuì alla difesa di Rodi contro i Turchi.  Nel 1529 fu nominato generale dell’artiglieria imperiale per la difesa di Vienna. Verrà sepolto a Venezia nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo dove, in quegli stessi anni, si stava erigendo per decreto del Consiglio dei Dieci, il monumento equestre ad un altro martinenghese importante: Bartolomeo Colleoni che il Tadino non conobbe essendo nato lo stesso anno della morte di questo. Continua a leggere

L’inventario completo della Bergamo del 1596

DESCRIZIONE DI BERGAMO E SUO TERRITORIO – 1596

Una preziosa «geografia» del nostro “ambiente”.

Di questo “monumento” di Bergamo (basti pensare che fu redatto solo 8 anni dopo il completamento della cinta muraria), che si può trovare in buona parte delle biblioteche cittadine, puoi scaricare qui di seguito un estratto delle prime pagine, quelle riguardanti la conformazione delle Mura, della Rocca e della Cappella: Giovanni da Lezze – estratto.  Confrontando la situazione attuale, si potrà facilmente rilevare quanti lavori e modifiche le nostre MURA hanno subito da allora ai nostri giorni.
Puoi anche scaricare una versione ridotta e “italianizzata” qui allegata : Giovanni da Lezze – versione “tradotta”
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II “volume”, con la “descrizione” di Bergamo e del suo territorio fu presentato il 21 ottobre 1596 nell’Ecc.mo Collegio di Venezia “dal Nob. ho. S.r. Zuane da Leze ritornato di Capitano di Bergamo“, e fuda Sua Ser.tà et Ecc.mo Collegio ordinato doversi riponer nel Secretto”. Passò poi all’Archivio di Stato di Venezia, dove è tuttora conservato nel fondo “Sindici e Inquisitori di Terraferma“.
Nel 1882 ne uscì, riprodotto in copia manoscritta, per essere destinato alla Biblioteca Civica di Bergamo.
Da allora cominciò ad essere variamente usato anche in sede bergamasca per richiamare aspetti o luoghi della città o del territorio con riferimento al secolo XVI. La rilevanza del contenuto e l’attesa del pubblico degli studiosi hanno fatto riconoscere l’opportunità della pubblicazione integrale del ponderoso codice.II codice contenente la trascrizione integrale del testo del da Lezze è conservato nella B.C.BG., sotto la segnatura AB/414. A chiusura di codice, a p. 1030, l’annotazione: “Settembre 1882, trascrisse Giuseppe Gallovich, Copista presso l’Archivio di Stato di Venezia”. La lettera (27.9.1882) del Sovrintendente agli Archivi Veneti, inviata ad accompagnamento del volume (cfr. originale allegato alla “copia” medesima) da informazione anche della spesa, che ammonta a L. 261,15. Continua a leggere