…dicono di Bergamo

avvertiamo un emotivo richiamo dell’animo a questa nostra terra che, senza glorie fulgenti di eventi storici famosi e senza un passato di epica grandezza, ha pure in sé e nelle sue memorie, attrattive di una nobile vita che lasciò tracce durature rievocate, pure a distanza di secoli, nel pensiero e nell’animo di non pochi uomini ed espresse in creazioni inventive musicali, pittoriche, letterarie….
L. Angelini: “Il volto di Bergamo nei secoli”

L’aggiornamento di una vecchia raccolta …dall’antichità ad oggi, alcuni di coloro che hanno detto o scritto di BERGAMO:
dicono di Bg

Ritratto delle più nobili e famose città d’Italia

…e tra queste poteva mancare Bergamo?!? A trovare tra loro il giusto posto ci pensò, già nel 1575…
Francesco Tatti detto Sansovino (Roma, 1521 – Venezia, 1586) letterato e imprenditore librario.
Nato a Roma, primogenito del grande architetto Jacopo Tatti detto Sansovino, fu battezzato nella chiesa di S. Eustachio e suo padrino fu Giovanni Maria Del Monte, poi divenuto papa Giulio III. Ancora bambino seguì il padre, che si rifugiò dapprima a Firenze e poi a Venezia, mentre Roma veniva saccheggiata dai Lanzichenecchi (1527). Ricevette una classica istruzione aristocratica di stampo umanistico con insegnanti di grammatica e retorica e seguendo le lezioni del grecista Antonio Francini collaboratore editoriale e curatore di testi greci e latini.
Per volontà del padre studiò legge prima a Padova (dove però seguì anche le lezioni di Lazzaro Bonamico, noto classicista commentatore di Cicerone, Tito Livio, ecc). L’adesione agli Infiammati nel 1540 segnò profondamente la sua formazione intellettuale e professionale per le idee innovative che si sviluppavano in quel consesso, in particolare riguardo all’uso del volgare per promuovere una divulgazione del sapere che fosse anche fondamento di una nuova etica. Si spostò poi all’Università di Bologna e nel 1542 si affiliò anche dell’Accademia Fiorentina ampliando la rete di conoscenze fiorentine e toscane. Nel 1550 andò Roma, facendo parte della corte del suo padrino eletto al soglio pontificio come Giulio III, ma ben presto rientrò a Venezia dove si sposò e si stabilì lasciando definitivamente l’avvocatura per dedicarsi alle lettere; aderì all’Accademia Veneziana o della Fama e condusse una vita ritirata e tranquilla da autore poligrafo, prestando dapprima la sua opera alle famose tipografie veneziane. Nel 1560 Sansovino iniziò la sua attività di stampatore ed editore.
La produzione di Sansovino è molto vasta, sia per temi trattati come stampatore sia per numero di opere firmate. La banca dati Edit16, conta 213 titoli riferiti a suo nome e sono state registrate ben 97 opere, fra edite e inedite, scritte in un trentennio nelle vesti di autore, traduttore e compilatore. Gli argomenti sono i più disparati: dalla storia alla medicina (L’edificio del corpo humano -1550), dalle tecniche amorose all’agricoltura, dalla grammatica alla politica al diritto e all’attualità (da ricordare è in tal senso il suo contributo alla fiorente letteratura turchesca, soprattutto tra i primi anni Sessanta e la battaglia di Lepanto del 1571). Continua a leggere

I “grandi” della Storia… e Bergamo.

Dalle reminescenze scolastiche ripeschiamo la figura di un grande uomo, uno scrittore, poeta, filosofo e filologo: Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) che è considerato il precursore dell’Umanesimo e uno dei fondamenti della Letteratura Italiana.
Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della Patria come Mater e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l’agostinismo in contrapposizione alla scolastica e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli “studia humanitatis” in senso antropocentrico, Petrarca spese l’intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica attraverso l’imitazione dei classici, offrendo un’immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi.
Petrarca fu un intellettuale “maestro“, bisognoso di fornire modelli e comunicare valori che, poi, furono fatti propri e compiutamente sviluppati nell’Umanesimo e nel Rinascimento.
La sua opera più celebre è senz’altro il Canzoniere: opera in volgare contenente 366 liriche per la maggior parte dedicate a Laura. Il titolo originale dell’opera è in latino: Rerum Vulgarium Fragmenta, ossia “frammenti di cose volgari” ma, con questa espressione, il Petrarca vuole sottolineare il fatto di aver scelto di scrivere in volgare.
E fin qui, con l’aiuto di Wikipedia, tutto bene… ma se volessimo sapere per esempio se Petrarca ebbe mai a che fare con la Bergamo di allora, quella dei Visconti, dove si lavorava per completare la Cittadella e il Castello di S.Vigilio ma anche quella del Convento di S.Agostino, allora già importante centro religioso e culturale? Ebbene sì… anche Petrarca passò da Bergamo; fu, come si dice, solo una simpatica “scappata” della quale parlò però in sua sua epistola ad un amico milanese; ma, nonostante la sua propensione per il volgare, le lettere le scriveva in latino e allora per facilitarne la lettura (benché sia certo che tutti noi si mastichi perfettamente l’idioma dei nostri antichi!) la riportiamo con tanto di traduzione. (pigiando sull’immagine si potrà scaricare l’intera epistola)Petrarca - epistola1